Dopo le recenti prove di Il teatrante, Servo di scena e Don Chisciotte, Franco Branciaroli prosegue il proprio percorso di esplorazione dei grandi personaggi del teatro scegliendo Enrico IV di Luigi Pirandello, dramma in 3 atti scritto nel 1921 e rappresentato per la prima volta nel 1922 al Teatro Manzoni di Milano.
Considerato il capolavoro teatrale di Pirandello insieme a Sei personaggi in cerca di autore, Enrico IV è uno studio sul significato della pazzia e sul tema caro all'autore del rapporto, complesso e alla fine inestricabile, tra personaggio e uomo, finzione e verità.
Enrico IV è vittima non solo della follia, prima vera poi cosciente, ma dell'impossibilità di adeguarsi a una realtà che non gli si confà più stritolato nel modo di intendere la vita di chi gli sta intorno e sceglie quindi di "interpretare" il ruolo fisso del pazzo.
Renato Palazzi, Il SOLE 24 ORE, 11 maggio 2014 -Enrico crudele e lucido
Dopo il vecchio mattatore shakespeariano del Servo di scena di Harwood, dopo il Teatrante di Bernahard, il modo in cui Branciaroli si accosta a questo guitto dell’anima mette i brividi. Nelle sue ambigue riflessioni, nei suoi trasalimenti fa risuonare un senso amaro della vita, uno sguardo disincantato sulle persone e sulle cose che trascende di gran lunga la dialettica pirandelliana dell’essere e apparire, che ha qualcosa di “magnifico e terribile”, per usare le parole dell’autore. Al suo primo incontro con Pirandello, Branciaroli riesce a immettere nell’Enrico IV una nota di crudeltà, quasi di sconsolata spietatezza che non vi avevo mai sentito. E il finale è bellissimo, col protagonista che, dopo l’uccisione del rivale, in posa su un cavallo da giostra viene incoronato dallo psichiatra.